Fotografia ad alta velocità: TriggerTrap vs. Micnova 3 in 1

Pubblicato da C.A.Hung il

La fotografia ad alta velocità è un altro di quei generi che quasi tutti provano almeno una volta nella loro esperienza. Per fotografia ad alta velocità si intendono tutti quegli scatti in cui il tempismo è fondamentale per la riuscita della foto e in cui il tempo di scatto è il minimo possibile, in modo da congelare l’azione.

Un palloncino pieno d’acqua che esplode, e la conseguente forma dell’acqua che per qualche istante rimane tondeggiante e fluttuante, ne è un esempio lampante. Per realizzare questo tipo di fotografie non sono obbligatorie attrezzature dell’altro mondo, ma più che in altri casi possono sicuramente aiutare notevolmente, soprattutto se si ha un numero di tentativi limitati (per esempio se il soggetto è un vetro che viene rotto da una palla da baseball).

Le principali problematiche di questo genere sono le seguenti:

– Cogliere l’attimo: quando si parla di alta velocità, significa che la foto da realizzare durerà giusto qualche istante, meno di un battito di ciglia, per poi dissolversi in una pozza d’acqua per terra o vari frammenti sparsi in giro per la stanza.
– Trovare la giusta esposizione: scattare una foto a 1/2000 di secondo può significare una foto completamente nera oppure fortemente sottoesposta. Bisogna quindi trovare il modo giusto di congelare l’attimo ma facendo in modo di poterlo vedere.
– Usare il minor numero di tentativi possibile: in alcuni casi può essere poco costoso realizzare lo scatto usando la tecnica dei mille tentativi, ma se fosse necessario realizzare una foto in cui viene rotto un oggetto, il numero di copie dell’oggetto in questione potrebbe essere molto bassa.

Cosa serve per avventurarsi nel mondo della fotografia ad alta velocità? In realtà non molto. Può bastare una fotocamera in grado di scattare con tempi di esposizione inferiori al millesimo di secondo (a seconda del soggetto), ma sicuramente ci sono degli accessori che possono aiutare:

– Treppiedi e cavo di scatto remoto: spesso due mani libere in più saranno utili se non addirittura fondamentali. Poter lasciare la macchina pronta, con la messa a fuoco e le impostazioni bloccate sui parametri corretti, e poter scattare in maniera coordinata al movimento da cui scaturirà il soggetto è sicuramente un aiuto fondamentale nel ridurre il numero di tentativi necessari per il successo.
– Flash con scatto remoto (off camera): illuminare il soggetto e congelarlo è più facile se il tempo di esposizione corrisponde al solo flash, il quale può decidere esposizione, angolo di incidenza della luce e intensità.
– Sensore di suono, luce e movimento: questo accessorio è insolito ma può rendere veramente facile realizzare scatti altrimenti impossibili.

Parlando di come risolvere il problema dell’espozione, è sufficiente usare una di queste due tecniche: se la luce ambientale è sufficiente per usare un tempo di esposizione bassissimo, magari alzando la sensibilità ISO a un valore ragionevole, allora si potrà scattare tranquillamente senza particolari accorgimenti, fatta eccezione per la modalità “MUP” che ridurrà il tempo che intercorre dalla pressione del pulsante di scatto all’apertura della tendina dell’otturatore. Eventualmente si potrebbe usare un faro di luce continua puntato sul soggetto (o sul punto dove arriverà il soggetto al momento dello scatto). La luce continua è necessaria perché è difficile che le macchine fotografiche riescano a sincronizzarsi con i flash a velocità di millesimi di secondo (sebbene esista la modalità high sync speed che può risolvere ma che non è disponibile in tutti i modelli). In caso la luce ambientale o di un faro non sia sufficiente, bisognerà ricorrere al flash. Per usare il flash bisognerà ricorrere a una tecnica simile a quella usata per il light painting, cioè fare in modo che la fotocamera stia in modalità di scatto bulb e raccolga una quantità di luce ambientale bassissima ma costante, tanto da far uscire una foto nera anche dopo 30 secondi o più (il tempo deve essere proporzionale a quanto ci si impiega a “mettere il soggetto in posizione”). Usando il flash (uno o più di uno, tutti comandati dal lampo di quello principale), sarà possibile emettere un lampo che risulterà il nostro otturatore, cioè il tempo di scatto. La durata dell’esposizione, infatti, in questo caso sarà pari alla durata del flash, cioè pochi millesimi di secondo (a seconda del flash). Si noti che generalmente meno potenza nel flash significa anche lampo più corto e quindi scena più ferma. Per regolare l’intensità sarà possibile avvicinare o allontanare i flash o modificarli con diffusori e riflettori, esattamente come si farebbe in uno scatto in studio.

Rimane il problema del cogliere l’attimo e del numero minimo di tentativi. Supponiamo di voler catturare l’istante in cui un palloncino pieno d’acqua scoppi e lasci la forma fluttuante a mezz’aria. Si può procedere per tentativi facendo scattare la fotocamera nell’istante in cui ci sembra che il palloncino esploda, oppure si può usare un sensore. In questo caso basterà usare un sensore di suono che ci permetterà di fare lo scatto quasi subito. Se la fotocamera (o il flash) dovesse scattare troppo presto o troppo tardi, sarà sufficiente avvicinare o allontanare il sensore al punto dove verrà generato il rumore. Lo stesso principio si applica alla foto di un fulmine o di un animale pericoloso che passa vicino all’appostamento del cacciatorfotografo ma in quegli altri due casi bisognerà usare sensori di luminosità o di movimento.

In commercio esistono diversi modelli più o meno costosi di sensori. In questo articolo vorrei confrontarne due: “TriggerTrap mobile dongle” e “Micnova 3 in 1”.

Il primo è un “semplice” cavo che si collega alla fotocamera, precisamente alla porta di ingresso del telecomando, e si attacca tramite jack a uno smartphone o a un tablet. In questo modo la fotocamera sarà in grado di usare lo smartphone come sensore. Ad oggi esistono le app per iOS e Android che consentono di fare diverse cose molto interessanti come timelapse, scatti ritardati ma soprattutto di usare il suono o il movimento (solo iOS) rilevati dal telefono per far scattare la macchina fotografica (o il flash).

Il secondo dispositivo è invece un kit di sensori molto sensibili e precisi che si “limita” a far scattare la fotocamera o il flash usando uno dei sensori a seconda dell’impostazione corrente. Il Micnova può essere usato per rilevare suoni (con intensità regolabile), variazioni di luminosità e soggetti che passano di fronte al sensore di movimento.

I due dispositivi hanno vantaggi e svantaggi. Il primo è sicuramente più economico, tanto da costare un terzo dei sensori dedicati. Inoltre avendo una app che viene correntemente sviluppata, le funzionalità aumenteranno man mano con i nuovi aggiornamenti. Il problema principale di questo cavo è rappresentato dal ritardo che si ha dallo smartphone alla fotocamera. Per esempio, se la fotografia del palloncino che esplode è facile da realizzare con il micnova, lo è un po’ meno con TriggerTrap e iOS, ed è quasi impossibile con Android a causa di ritardi casuali nell’invio del segnale al jack audio. Tuttavia con Micnova non è possibile programmare dei timelapse alternativi o degli hyperlapse basati sulla posizione GPS, cosa invece nativa per gli utenti di TriggerTrap. I vantaggi di Micnova sono evidenti in termini di usabilità e sensibilità, oltre al fatto che possiede tre tipi di sensore tutti egualmente validi, contro uno solo (e mezzo) del TriggerTrap. L’ultimo vantaggio del mobile dongle è di permettere allo smartphone di diventare un telecomando remoto: sarà infatti possibile usare un secondo smartphone collegato alla stessa rete wireless per far scattare la propria fotocamera, oppure usare semplicemente il primo smartphone come telecomando. Entrambi hanno uno svantaggio che in realtà per la fotografia ad alta velocità non esiste: bisogna usare la messa a fuoco manuale in quanto sono in grado solo di avviare lo scatto e non di inviare il segnale di “mezza pressione” per la messa a fuoco automatica.

In definitiva io suggerisco che, se non si vuole spendere una cifra e si vuole sperimentare con tecniche abbastanza divertenti, TriggerTrap è sicuramente una scelta migliore (attualmente il prezzo si aggira sui 40 euro più spedizioni per il cavo semplice, e.g. solo Nikon). Se invece ci si vuole dedicare più seriamente e specificatamente alla fotografia ad alta velocità, allora la scelta deve ricadere su qualcosa di più costoso e affidabile, come un sensore specializzato.

Per concludere, ecco come ho realizzato lo scatto di questo articolo:

  1. Posizionato due cavalletti, uno dentro il box doccia e uno fuori. In quello fuori ho messo la fotocamera in modo che puntasse verso una zona precisa e fosse a distanza di sicurezza, andando sulla focale di 70mm (che su DX diventano 105mm). Sull’altro treppiedi ho posizionato un flash impostato alla minima potenza e schermato la luce dal dirigersi verso la parete usando un flashbender, cioè una fascia che si attacca al flash e permette di direzionare la luce. Anche un cartoncino nero va bene. (Passo opzionale, coprire il flash con una busta per surgelare, per difenderlo dagli schizzi).
  2. Ho impostato la fotocamera in messa a fuoco automatica e selezionato il piano di messa a fuoco esattamente dove avrei posizionato il mio soggetto. Una volta scelta la messa a fuoco, ho spostato la levetta dell’obiettivo su messa a fuoco manuale. Questo mi permette di scattare immediatamente e di non mettere a fuoco zone casuali.
  3. Ho collegato la fotocamera al flash tramite un trigger, ma data la distanza ravvicinata sarebbe bastato anche un cavo sync (supposto che il flash ne sia dotato).
  4. Sfruttando il falloff del flash così vicino, ho impostato il tempo, la ISO e l’apetura del diaframma in modo che la foto venisse completamente nera a meno del riflesso di qualche quadrato della porta della doccia, in modo da avere un pattern che mi dia profondità. I parametri in questo caso erano 1/250s, ISO 100 e f/7.1.
  5. Ho collegato il Micnova 3-1 alla fotocamera e l’ho impostato sulla modalità rilevamento del suono, cercando di trovare la giusta sensibilità che a un mio cenno avrebbe fatto partire lo scatto.
  6. Ho riempito un palloncino con dell’acqua e mi sono messo in posa, cioè ho fatto ciondolare il palloncino nell’area di esposizione della foto, lasciando abbastanza spazio per poterlo colpire con uno stuzzicadenti e non entrare nell’inquadratura.
  7. Ho colpito il palloncino e contemporaneamente prodotto un rumore che ha fatto scattare la fotocamera (se avessi usato dell’aria con della farina dentro il rumore dell’esplosione sarebbe stato sufficiente).