PhotoBattle: Raw vs. Jpeg
Al giorno d’oggi, tutte le reflex e le mirrorless (e anche alcune compatte di alto livello) possono scattare foto in RAW o in JPEG. Chi si avvicina per la prima volta alla fotografia digitale, rimane spesso confuso da questi due formati, dalle loro differenze e dai vantaggi e svantaggi che ciascuno possa avere. In questo PhotoBattle vorrei cercare di fare un po’ di chiarezza e dare qualche indicazione sul perché sia ancora possibile far scattare le macchine fotografiche, anche di livello pro, in JPEG, e del perché esista e sia importantissimo il formato RAW.
Innanzi tutto comincerei spiegando cosa sono i due formati: RAW significa letteralmente (dall’inglese) “grezzo”, e rappresenta l’immagine “senza perdita di informazioni”. JPEG è un formato di immagine compressa che può avere diversi livelli di qualità definiti dallo standard e che non garantisce la compressione senza perdita di informazioni. Ogni marca (e in generale fotocamera) ha il suo formato RAW, per esempio la Nikon utilizza il formato .NEF. Questi file grezzi sono generalmente più grandi dei file JPEG anche alla massima risoluzione anche se possono essere compressi.
Per essere precisi, parliamo di compressione: un’immagine digitale a colori può essere vista come una serie di tre grosse matrici fatte da quadratini (o rettangoli/pixel) determinata dalla dimensione del sensore. Ciascuna delle tre matrici rappresenta uno dei tre colori tra rosso, verde e blu (RedGreenBlue). In ciascuno dei quadratini c’è scritta l’informazione del valore di intensità di quello specifico colore che è rappresentata da un numero intero limitato (e.g. 256). Supponiamo che quindi più sia basso il valore (e.g. 0) minore sia l’intensità di quel pixel. Il colore risultante sarà la somma (nel modello RGB) dei tre quadratini che rappresentano un pixel dell’immagine, uno per ciascun piano.
Per esempio, se un pixel fosse completamente bianco e dicessimo che il valore massimo di ciascun quadratino fosse 256, potremmo dire che il pixel bianco sarebbe composto da un quadratino rosso del valore di 256, uno blu di valore 256 e uno verde di valore 256. Allo stesso modo, se per esempio dicessi che un pixel è rosso intenso, potrei dire che il valore del quadratino rosso sia 256 mentre sia 0 per gli altri due, e così via. Se si prova ad aprire un’immagine con programmi simili a Photoshop, è possibile vedere che nel salvataggio si ha a disposizione un valore chiamato “profondità” che normalmente varia tra 8 e 16 bit. Quel valore determina i formati con cui possiamo salvare l’immagine (per esempio, selezionando 16bit sarà disponibile PNG, ma non sarà disponibile JPEG).
Senza entrare troppo nel dettaglio dei modelli di colore, è facile capire che un’immagine non compressa ha una dimensione massima che è sostanziamente la profondità (e.g. 8 bit per il formato JPEG) per il numero di livelli di colore (3 = R, G e B) per il numero di pixel. Facendo due conti si capisce immediatamente come un’immagine di questo tipo (normalmente detta bitmap) può occupare quantità di spazio enormi. Per questo motivo esistono i formati “compressi”. Uno di questi è il JPEG, che come dicevo prima, permette di ridurre notevolmente la dimensione ma causa la perdita di alcune informazioni. Il principio su cui si basano gli algoritmi di compressione è quello secondo cui si possono applicare delle regole che richiedono meno spazio per descrivere la stessa cosa. Per esempio, se avessi una fila di cento 1, potrei descriverla con cento caratteri “1” oppure con quattro caratteri che “convenzionalmente” rappresentano il numero di cifre uguali consecutive e la cifra (e.g. 1001, = 100 uni). Algoritmi come il JPEG, preferiscono la compressione alla preservazione dell’informazione, ammettendo qualche compromesso. Per essere più chiari, il formato JPEG permetterebbe di rappresentare una fila di 1000 uni secondo la regola precedente, semplicemente indicandola come 9991, e facendo quindi perdere un uno. Il formato RAW è anch’esso un formato compresso ma garantisce che non si perda nessuna informazione (e per tale ragione occupa più spazio).
Date queste premesse, iniziamo il PhotoBattle, che a dispetto di quanti pensino che sia scontato, non lo è affatto.
Qualità reale e percepita
Riguardo alla qualità non c’è storia. Qualunque qualità possa essere fornita dal JPEG può essere presente anche in un RAW mentre non è vero il viceversa. Il file RAW ha molte più informazioni di un JPEG e di conseguenza è oggettivamente migliore come qualità. Da un punto di vista della percezione non è possibile fare un vero confronto semplicemente perché il file RAW rappresenta un’immagine in una forma che non è “visibile” all’occhio umano ma che deve essere tradotta in una matrice di pixel che è solo il risultato di uno sviluppo delle informazioni presenti e quindi ne è un sottoinsieme. La qualità percepita, dunque, a parità di megapixel, non è paragonabile tra un RAW e un JPEG in quanto dipende interamente dallo sviluppo.
Spazio su disco
Un JPEG è generalmente molto più piccolo di un file RAW, ma nella realtà questo dipende da quanto è grande la varietà di colori all’interno della scena ritratta. Un JPEG molto variopinto e con forti contrasti potrebbe avere un fattore di compressione rispetto all’originale che, alla massima qualità, non si allontana poi tanto dal file RAW. In più, col passare del tempo, tutti i produttori di fotocamere stanno migliorando sempre di più gli algoritmi di compressione senza deterioramento dell’immagine delle immagini grezze, con il risultato che i file grezzi sono sempre più piccoli in proporzione alla dimensione dell’immagine in termini di megapixels. Il vantaggio dei JPEG è evidente quando si scende di qualità. Un file JPEG in formato basic può essere da 10 a 100 volte più piccolo del corrispettivo file RAW.
Possibilità di Post-processing
I formati RAW possono avere 16 o più bit per “quadratino”, pertanto hanno una gamma dinamica molto più estesa di quella di un JPEG. In termini semplici significa che se un JPEG può “contare” da 1 a 256 in ciascun pixel, un RAW potrebbe contare da 1 ad almeno 65535. Se si prova a immaginare la cosa in “scala di grigio” cioè con un solo livello anziché tre, è come dire che un JPEG può rappresentare 256 intensità dal nero al bianco, mentre il RAW almeno 255 volte di più. Questo si rilfette sul fatto che in fase di sviluppo ed elaborazione dopo lo scatto, lavorare con un RAW permetta di fare molte più cose rispetto a un JPEG. Per esempio, in un RAW sarà molto più facile tirare fuori i dettagli dalle ombre in una foto che era stata esposta per catturare i dettagli in risalto al sole mentre non sarà probabilmente possibile il viceversa nel JPEG, dove i dettagli delle ombre saranno stati scartati per permettere alla fotocamera di rendere in maniera dettagliata e visibile le parti illuminate.
Software di elaborazione
I JPEG vincono facilmente quando si parla di software di gestione ed elaborazione. Infatti ormai qualunque dispositivo informatico, dagli smartphone ai computer desktop, sono in grado di leggere, modificare e catalogare facilmente il formato universale JPEG. Lo stesso non si può dire del formato RAW che essendo proprietario di ciascun produttore, richiede dei software studiati appositamente per decodificarli. Questi software devono anche sapere come elaborare le informazioni decodificate. A differenza dei software per i JPEG, quelli anche di base per l’elaborazione o non sono molto efficaci oppure sono a pagamento (e non sempre economici).
Versatilità
Anche in questo caso il JPEG vince sul RAW. In effetti il formato RAW non è molto versatile… anzi non lo è per nulla. Infatti il suo unico uso è quello di essere un contenitore di tutti i dati possibili che rappresentano l’immagine da cui estrarre un formato visibile, per esempio un JPEG o un PNG. Il JPEG invece è un formato molto versatile, visibile su qualunque dispositivo e capace di avere diversi livelli di qualità ottimali per qualunque utilizzo, dalla stampa alla condivisione su social network e così via.
Conclusioni
Per tirare le somme, direi che bastano pochi punti per notare che il formato RAW è sicuramente il formato migliore da utilizzare se si vuole avere il controllo delle proprie fotografie e la possibilità di spaziare in termini di sviluppo. Tuttavia è anche evidente come esistano svariate situazioni in cui il RAW non è necessario: per esempio, se sto facendo delle foto da condividere su facebook e senza particolare attenzione, a che cosa può mai servire fare foto da 24MB in formato RAW da dover quindi trasferire su un pc in modo da elaborarne un jpeg da poter quindi riportare sullo smartphone e poterla condividere su Facebook? Non è mille volte più semplice scattare in JPEG su una scheda SD WiFi e trasferirla direttamente sul proprio smartphone, dove la si potrà elaborare rapidamente con snapseed o app simili?
In generale io ritengo che la soluzione migliore sia scattare SEMPRE in RAW, soprattutto quando si fanno foto di un evento, per un lavoro o per qualunque cosa che non sia una semplice foto “temporanea”. Chiaramente questo implica che si occuperà più spazio, quindi è possibile che se si fanno molte foto, i propri dispositivi di archiviazione come hard disk, chiavette e spazio cloud sul web possano esaurirsi in fretta. Un’idea (che spesso uso quando faccio foto che potrei voler condividere ma di cui mi pentirei di non aver fatto uno scatto in RAW) è quella di impostare la fotocamera per salvare tutti e due i formati, in modo da averne una versione subito disponibile per condivisione o altri usi, e di poter scegliere in seguito e con calma se mantenere il file RAW o no (senza doverlo prima sviluppare). Questa soluzione è molto valida, per esempio, se si scatta al un matrimonio di un amico e si vogliono “regalare” subito le foto in una di quelle cornici digitali, oppure se volete fare una foto durante una scampagnata e inviarla subito ai vostri amici… o in mille altre situazioni simili dove avere un JPEG di anteprima è molto più utile che avere un file grezzo da dover sviluppare… ma se la foto va sviluppata per bene (anche se poi il formato finale sarà JPEG a bassa risoluzione) non ci sono storia… RAW, RAW e solo RAW.
3 commenti
Guido · 18/07/2014 alle 08:31
Un dettaglio molto interessante rispetto a quest’ambito della fotografia è quello dello schermo. Non sempre gli schermi del pc sono in grado di farti apprezzare la differenza fra un’immagine ad 8 bit ed una a 16.
Quando si decide di elaborare un’immagine alla “massima” qualità e di salvarla magari con un file tiff da 90 mb bisogna sempre chiedersi se la propria attrezzatura informatica ti permette o meno di apprezzare la qualità.
Una guida interessante e non banale per il tuo sito, anzi, potrebbe essere indirizzata all’attrezzatura informatica necessaria per poter lavorare semi-professionalmente. Cosa comprare e come “tarare” il tutto. Soprattutto per non avere sorprese nel momento della messa in stampa.
C.A.Hung · 18/07/2014 alle 10:08
Sarà fatta il prima possibile 😉
Fotoritocco si o fotoritocco no? | Carlo Alberto Hung · 09/09/2016 alle 08:10
[…] più avanzate (e ormai anche molti smartphones) permettono di lavorare sul file grezzo, detto raw. Lavorare sull’esposizione, sul contrasto, sulla nitidezza, sul rumore, sui toni, sulla […]