Il valore della fotografia: quando farsi pagare?

Pubblicato da C.A.Hung il

CoinsOggi vorrei fare qualche riflessione sul valore della fotografia, intesa sia come attività che come prodotto. Infatti è fuori di dubbio che la fotografia abbia sicuramente due fondamentali valori: quello economico, quando la si pratica per soldi, e quello emotivo, quando si fotografa per passione. Entrambe le cose non sono né scontate né obbligatorie. Infatti si può fotografare in maniera puramente professionale, piatta e senza passione. Non è un peccato né un’eresia, come non lo è per un ragazzo che va a lavorare in un call center. C’è infatti una discreta probabilità che quel ragazzo abbia una laurea che si sia pagato proprio facendo l’operatore di call-center e che nonostante fosse bravissimo a farlo e avesse guadagnato un po’ di soldi praticando quella professione, la sua aspirazione fosse quella di fare, per esempio, il restauratore di piramidi egizie. Allo stesso modo (e anche più frequentemente), la maggior parte dei produttori industriali di foto (per esempio gli utenti di instagram) danno un valore puramente emotivo alle foto, che sono uno strumento per esprimere il loro pensiero, le loro emozioni o semplicemente per condividere qualcosa.

Con l’avvento del digitale e il crollo dei prezzi, la fotografia, anche di alto livello, è diventata molto più accessibile (ma non assolutamente più facile) e questo ha costretto molti professionisti o ad abbandonare oppure a evolversi per poter emergere da una massa di fotoamatori con capacità tecniche quasi simili a quelle di un professionista. Se infatti una volta, avere le fotografie di qualità era un costo che in pochi si potevano permettere come puro capriccio, adesso avere una reflex (anche entry level) che sia in grado di raggiungere la qualità che avevano (tecnicamente) le foto di 20 anni fa è quasi la norma. Ribadisco, non è che la fotografia sia diventata improvvisamente facile, anzi è diventata più difficile proprio perché mentre prima anche chi non era proprio lontanamente portato, se avesse avuto i soldi per fare un discreto investimento, avrebbe potuto fare il “fotografo professionista”, adesso nessuno spenderebbe un migliaio di euro per farsi fotografare al proprio matrimonio da uno qualunque solo perché ha una reflex e un flash. Come dicevo, emergere dalla massa rende la fotografia oggi ancora più difficile per i professionisti.

Data questa premessa comincia a diventare evidente il problema del fotografo che da un valore anche economico alla propria fotografia a fronte di chi invece “regala” anche il proprio lavoro perché le attribuisce un valore solo ed esclusivamente emotivo. Questo è il primo problema: dare un valore puramente emotivo alle proprie foto, quando si raggiungono livelli più avanzati del semplice fotoamatore, può procurare un danno a tutti coloro che invece vogliono farsi pagare per vivere di fotografia. Questa logica, infatti, non fa altro che favorire i classici “approfittatori” che hanno sempre pronta la risposta: “tizio lo fa gratis”. Se risulta difficile immaginare qualcuno che affida il proprio servizio di matrimonio a un non professionista, non è invece inverosimile o raro che delle riviste ed editori chiedano (e spesso sfruttino indebitamente) le foto di fotoamatori in maniera del tutto gratuita e anzi, lasciando intendere al fotografo che “gli deve essere grato per la visibilità”. Lo stesso accade per molti tipi di fotografie, per esempio per cataloghi o volantini, per siti web e per eventi e così via.

Personalmente mi piacerebbe poter attribuire alla mia fotografia un valore economico ben più alto di quello che attualmente potrebbe avere, tuttavia riconosco che per poterlo fare sia necessario impiegare tempo e risorse e anche investimenti, pertanto lascio ampissimo spazio al valore emotivo. Tuttavia, tornando all’oggetto di questo post, ritengo necessario che la fotografia non sia mai assolutamente gratis quando raggiunge un livello anche solo leggermente superiore alla media (per capirci… la massa di fotoproduttori industriali di Instagram & co).

Come diceva un saggio fotografo dell’associazione italiana di fotografi “TAU Visual” (che suggerisco caldamente di andare a guardare e usare come ottima fonte di informazioni), è importante stabilire che una foto o un lavoro da fotografo sia sempre ricompensato in maniera lecita e opportuna. Esempio: un amico di un giornale online vi chiede il vostro tempo per delle foto da fare a un festival di una sagra di paese? Bene, se siete dei fotografi, questo significa che è il vostro lavoro e dovrà pagarvi, ma anche se non lo siete, il vostro tempo ha un valore pertanto stabilite quale sia e fatevelo pagare. Ritenete che il vostro valore sia pari a una pizza? Fatevi offrire una pizza e basta ma non fatelo gratis.

Questo significa che non si devono fare foto “per la gloria” o per “visibilità” e quindi gratis? Assolutamente no. Condividere foto sui social network o sul proprio sito personale va benissimo, purché non siano messe lì alla portata di tutti e senza alcuna licenza. Piuttosto si usi la “Creative Commons” che permette di evitare che gli “approfittatori” di cui sopra ci rubino le foto senza neppure chiedere o ringraziare. Come spiegato nella prima parte dell’articolo, supponiamo che siate molto bravi e facciate una foto di un buonissimo e succulento dolce posto su un piatto. Se il responsabile della pasticceria sotto casa fosse autorizzato a prendere la vostra foto e usarla commercialmente, questo potrebbe anche andare bene a voi che sareste felici di vedere la vostra foto esposta al pubblico, ma avreste “rubato” il lavoro a chi invece ha speso soldi e tempo per produrre immagini da “stock” che il signore in questione avrebbe dovuto comprare con dei soldi che il fotografo professionista avrebbe usato per mangiare (e magari per comprare un dolcetto proprio lì). Ognuno è ovviamente libero di fare quel che crede più giusto, tuttavia io mi sentirei infastidito se improvvisamente dei fotografi capaci di programmare (per puro divertimento), facessero delle consulenze gratuite alla mia azienda rendendo il mio lavoro meno utile e rendendomi molto difficile se non impossibile lavorare serenamente e magari guadagnarmi un aumento. Più ragionevolmente, “regalare” qualche foto ogni tanto va bene… farlo sempre gratis no.

Se parliamo, invece, di fare fotografie per qualcuno che ce le chiede, allora il discorso diventa diverso e si rientra nel “compenso”. A questo punto provo a rispondere al tema del titolo: quando farsi pagare e quando no. Anche in questo caso ritengo che non si possa stabilire una linea di confine netta e valida per tutti. Io ho sempre applicato questa regola: se il livello fotografico che posso offrire in quello specifico campo (e.g. book fotografico per una modella, evento pubblico o privato, catalogo, etc) è sufficientemente alto da poter essere considerato professionale (anche se di basso livello), allora stabilisco un compenso, altrimenti si tratta, per me, di un investimento di studio per imparare, nel qual caso è chiaro a chi mi chiede le foto che il risultato non sarà affatto pari a quello che potrebbe offrire un professionista. In un certo qual modo c’è comunque un compenso che è l’opportunità di imparare qualcosa offerta da chi mi chiede le foto. Per essere più chiari, concepisco la foto “gratis” (in senso economico) solo quando al “regalo” corrisponde un investimento di tipo non economico che può avere un certo valore.

L’esempio diventa più chiaro e calzante se provo a calarlo proprio con un book fotografico con una modella. Normalmente se è la modella ad avere bisogno di un book, questa paga un fotografo per farsi fare le foto che desidera. Se è invece il fotografo che ha bisogno di una modella per rinnovare il portfolio, sarà lui a pagare una modella. Se entrambi ne possono trarre vantaggio perché entrambi hanno bisogno di fare portfolio, si può provare la modalità TFCD (Time For CD) cioè un mutuo scambio di valore in cui entrambi guadagnano qualcosa (le foto). Chiaramente se la modella fosse Naomi Campbell e il fotografo fosse un signor nessuno, sarebbe ovvio che fare le foto “gratis” sarebbe di sicuro molto conveniente per lui. Allo stesso modo, se una modella esordiente e principiante venisse scritturata per posare gratis per Steve McCurry, probabilmente non sarebbe una buona idea chiedere un compenso pari a quello di Megan Fox. Per chiudere, provo a fare un altro esempio: se il giornalino del paese mi chiedesse di scattare delle foto alla sagra cittadina, chiederei un compenso. Se volessi far decollare la mia carriera e Vanity Fair mi chiedesse uno scatto da mettere nell’uscita del mese prossimo, potrei decidere di accettare di farlo gratis… ma solo finché rimango un signor nessuno… e sottolineo il “potrei” perché ovviamente tutto dipende sempre da che livello di fotografia posso offrire… in sostanza non devo comunque mai alimentare il circolo vizioso del “se non lo fai tu, lo farà un altro gratis”.

Se poi si tratta di beneficenza… beh allora lì è un altra storia 🙂


1 commento

Quanto costa un fotografo? La mia opinione | Carlo Alberto Hung · 18/11/2014 alle 08:40

[…] Questo dovrebbe chiarire un attimino il perché un fotografo costa tanti soldi per “poco lavoro” e dovrebbe aiutare chi si affaccia a questa professione a capire che se si vuole vivere di fotografia non ci si può svendere. Inoltre, questo chiarisce anche il perché gli hobbysti e chi lo fa di secondo lavoro, non dovrebbe mai “regalare” il proprio lavoro, come già dicevo in un articolo precedente. […]

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