Gestalt: ingannare l’occhio e la mente

Pubblicato da C.A.Hung il

Quante volte vi è stato detto che l’unica regola per la composizione è quella dei terzi? Dividi l’inquadratura in tre parti, sia orizzontalmente che verticalmente, e hai ottenuto un ottimo metodo per posizionare i tuoi soggetti. Sebbene questo “trucco” sia molto semplice per ottenere delle foto meno amatoriali, esso è ben lontano dall’essere un metodo compositivo di grande impatto. Infatti esistono molteplici regole che devono essere padroneggiate per ottenere una composizione in grado di comunicare ciò che vogliamo. La regola dei terzi è, in fondo, una semplificazione di studi ben più longevi che derivano dai greci e che in qualche modo va a utilizzare i principi fondamentali della sezione aurea.

Questa tecnica compositiva, ben più avanzata, consiste nell’utilizzare una suddivisione dell’inquadratura che segue una successione matematica di proporzioni, detta successione di Fibonacci, e già gli antichi greci avevano scoperto quanto la matematica fosse in grado di rappresentare in natura la bellezza e l’armonia.

Facendo un passo indietro, cerchiamo di analizzare a cosa serve la composizione e perché essa è così importante affinché la foto sia capace di comunicare qualcosa. In primo luogo è necessario distinguere due casistiche:

  • La foto è interessante per il suo contenuto ovvero produce l’effetto finestra
  • La foto è interessante perché comunica qualcosa

In questo secondo caso, la composizione gioca il ruolo chiave. Infatti, il modo in cui il fotografo decide di tagliare un ritratto o di seguire delle geometrie, fino ad arrivare ai colori e al contrasto dell’immagine. Essa è il “manuale di istruzioni” per l’osservatore affinché capisca l’immagine.

Quando studiai psicologia della percezione conobbi le leggi della Gestalt. I principi descritti da queste leggi parlano e tentano di spiegare come l’insieme occhio-cervello si rapporta con il mondo esterno, producendo delle reazioni fisiologiche e psicologiche. Essendo appassionato di fotografia ho da sempre cercato di capire come potessi sfruttare queste conoscenze per rendere le foto più interessanti. Tra i contenuti più rilevanti io cerco sempre di tenere a mente tre punti chiave:

  • Prossimità: l’occhio e il cervello umano tendono a associare elementi vicini e a creare relazioni tra gruppi di elementi diversi. Ciò significa che per veicolare un messaggio, tramite una foto, in pochissimi istanti, è possibile creare una sorta di percorso degli elementi significativi sfruttando i raggruppamenti. Per esempio, nella foto in alto, ci sono 3 elementi immediatamente raggruppati per via delle loro distanze, cioè le scritte, le miniature di spalle e l’omino che si allontana. Questa composizione permette di mostrare il messaggio “think out of the box” o “stai fuori dal coro”, seguendo due percorsi che vanno o dalle parole fino all’uomo solitario, o vicerversa, stimolando la curiosità del cervello nello scoprire cosa segue ciascun elemento.
  • Uniformità: il cervello tende ad associare elementi che sono simili tra loro e creano uniformità. Inoltre tende anche a completare quei pattern che sembrano avvicinarsi a un gruppo o a qualcosa di simile, già conosciuto. Sempre nell’immagine sopra ci sono due elementi di uniformità, sia i pupazzetti di spalle che i quadratini del foglio. Entrambi vanno a creare dei gruppi di oggetti uniformi dai quali il soggetto principale si dissocia uscendo dall’uniformità.
  • Continuità: come detto anche per l’uniformità, l’occhio tende a correre lungo percorsi che il cervello uniforma e segue anche artificiosamente. Di conseguenza, la linea curva creata dal pongo verde e giallo permette di avere una linea di spostamento dell’occhio che segue la narrativa della foto stessa. Usando la legge di continuità è quindi possibile indirizzare l’attenzione proprio dove si vuole che l’osservatore finisca. Questo vale anche e soprattutto per i ritratti dove gambe, mani, braccia e dita si usano spesso per veicolare l’attenzione sui dettagli più rilevanti del ritratto, siano essi il viso, un accessorio o un’altra parte del corpo.

Tutte queste leggi permettono di dare un “peso” a ogni elemento dell’immagine creando un bilanciamento che assicura al fotografo la possibilità di catturare l’attenzione del suo pubblico. In poche parole, quando vedete una foto, c’è una significativa probabilità che il fotografo abbia in qualche modo ingannato il cervello dell’osservatore, facendo cadere l’occhio proprio dove desiderato.